Premessa: le condizioni di procedibilità.
Il codice di procedura penale italiano prevede quale regola generale di procedibilità quella d’ufficio. Ciò significa che, una volta venuto a conoscenza della commissione di un fatto di reato (perché appresa personalmente o perché comunicatagli dalla polizia giudiziaria), il pubblico ministero procede allo svolgimento delle indagini preliminari anche in assenza di ulteriori sollecitazioni da parte della persona offesa dal reato.
A norma del codice di rito, invece, i reati sottoposti a condizione di procedibilità devono essere espressamente previsti dalla legge.
Per meglio comprendere la questione, si osservi che per condizione di procedibilità si intendono quegli atti ai quali la legge subordina l’esercizio dell’azione penale in relazione a determinati reati e per i quali il legislatore ha ritenuto che non sia opportuno, per svariate ragioni, procedere d’ufficio, rimettendo alla persona offesa la scelta circa la convenienza di procedere nei confronti del reo.
In specie, in mancanza di una condizione di procedibilità, allorquando richiesta dalla legge, è possibile procedere al compimento dei soli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova.
Tra le condizioni di procedibilità il codice di rito annovera:
- la querela (o “querella” secondo il termine più arcaico dalla quale l’attuale dicitura comune discende);
- l’istanza;
- la richiesta di procedimento;
- l’autorizzazione a procedere.
In questa sede, si avrà cura di delineare gli aspetti principali inerenti alla prima tipologia di condizione di procedibilità rammentata.
Orbene, laddove la persona offesa dal reato voglia sapere se il reato commesso nei suoi confronti sia procedibile a querela ed, eventualmente, farsi aiutare nella stesura della stessa, onde essere sicuro della potenziale efficacia dell’atto, può sempre optare per la scelta di rivolgersi ad un professionista prendendo un appuntamento presso il suo studio ovvero, in alternativa e per iniziare, anche prendendo contatti con un avvocato online.
La “querella” o querela.
Per “querella” o querela (come di seguito si denominerà) consiste nell’atto con il quale la persona offesa dal reato manifesta espressamente la volontà che si persegua penalmente il fatto di reato commesso nei suoi confronti, indipendentemente dalla persona che venga accertato esserne stata l’autrice.
Nel dettaglio, la querela si compone sostanzialmente di due parti:
- la notizia di reato;
- la manifestazione di volontà che si proceda penalmente in ordine al medesimo.
Il diritto a proporre querela deve essere esercitato tendenzialmente entro il termine di tre mesi.
Vi sono, tuttavia, alcune fattispecie di reato per le quali si è ritenuto opportuno concedere alla vittima un periodo di riflessione più lungo, stante la delicatezza dei beni giuridici tutelati.
E’ il caso, ad esempio, dei reati di violenza sessuale, per i quali il termine di proposizione della querela era sin dall’inizio fissato nel più lungo termine di sei mesi dalla commissione del fatto di reato, successivamente elevato sino a dodici mesi.
La dichiarazione di querela deve essere proposta mediante ricorso alle medesime forme previste per la denuncia laddove debba essere recapitata da un soggetto incaricato ad hoc ovvero spedita per posta, occorrendo in ogni caso l’autentica della sottoscrizione apposta dal querelante da parte del pubblico ufficiale autorizzato o anche dallo stesso difensore. Affinché possa procedere all’autentica della firma del cliente occorre, quindi, che l’avvocato abbia ricevuto un apposito mandato difensivo.
Una volta proposta, la querela è, comunque, un atto rinunciabile.
La rinuncia alla querela consiste nell’atto con cui la persona offesa dal reato rinuncia ad esercitare il diritto a proporre querela. Si tratta di un atto irrevocabile ed incondizionato mediante il quale la persona offesa, prima di aver effettivamente proceduto a proporre querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il reato che abbia subito.
Non è necessario, peraltro, che la rinuncia alla querela osservi particolari forme, stante il fatto che può essere fatta espressamente ovvero anche tacitamente.
Di regola, inoltre, la querela, una volta proposta, può essere in ogni momento revocata, mediante il ricorso all’istituto noto come “remissione” e cui consegue l’estinzione del reato.
Essa, in particolare, è quell’atto irrevocabile ed incondizionato mediante il quale la persona offesa, dopo aver proposto querela, manifesti in maniera espressa o tacita la volontà che non si proceda penalmente per il fatto di reato.
Tuttavia, occorre osservare che la remissione della querela non produce gli effetti suoi propri laddove il soggetto querelato non l’abbia espressamente o tacitamente accettata.
Infine, giova sottolineare che la facoltà di rimettere la querela è assoggettata a taluni limiti, tra i quali si possono richiamare:
- i delitti della sfera sessuale nonché gli atti persecutori commessi con modalità gravi, per i quali la querela proposta è irrevocabile;
- il delitto di atti persecutori, qualora non ricorrano le modalità che li connotano per la particolare gravità di commissione del fatto, per i quali la remissione della querela può essere effettuata solo dinnanzi in maniera espressa all’autorità procedente o davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria che provveda a trasmetterla alla prima.
Casistica.
Tra i reati perseguibili a querela si rammentano alcune fattispecie tra cui si richiamano:
– la violenza sessuale (art. 609bis c.p.);
– gli atti sessuali con minorenni (art. 609quater c.p.);
– lo stalking (o atti persecutori ex art. 612bis c.p.);
– la minaccia (art. 612 c.p.);
– le percosse (art. 581 c.p.);
– le lesioni personali lievi (art. 582 c.p.);
– la molestia o il disturbo alle persone (art. 660 c.p.);
– il furto semplice (art. 624 c.p.)
oltre ad una molteplicità di reati contro la persona (salvo la violenza privata) e contro il patrimonio sanzionati con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore a quattro anni di reclusione.