La formazione professionale continua è ormai diventata una necessità imprescindibile in qualunque settore. Più di un obbligo normativo, essa viene ormai intesa come un processo vitale che consente ai lavoratori di rimanere competitivi in un mercato del lavoro in costante evoluzione. Le trasformazioni tecnologiche, l’automazione, la digitalizzazione dei servizi e la crescente complessità dei contesti professionali impongono un aggiornamento continuo delle competenze, ben oltre i requisiti minimi fissati dalla legge.
In Italia, infatti, la normativa prevede una serie di obblighi formativi specifici per ogni categoria professionale. Tuttavia, sempre più spesso ci si chiede se tali obblighi siano davvero sufficienti a garantire una preparazione adeguata. Il dibattito è acceso: da un lato vi è la necessità di rispettare standard comuni, dall’altro la consapevolezza che l’adempimento formale non coincide necessariamente con l’acquisizione di competenze reali e spendibili professionalmente.
È proprio su questa tensione, tra obbligo e opportunità, che si concentra la riflessione attuale: il tema non è più se fare formazione, ma come renderla realmente efficace e coerente con le sfide di un mercato che corre molto più veloce delle leggi.
Requisiti minimi: un panorama frammentato
Il sistema italiano di formazione continua è complesso e varia tra le professioni. Per gli avvocati, ad esempio, il triennio richiede 60 crediti formativi. Questi servono a certificare l’aggiornamento costante delle competenze professionali, un requisito fondamentale per mantenere l’iscrizione all’albo.
Chi lavora in ambito sanitario conosce bene quanto sia difficile trovare spazio per sé, tra turni, emergenze e responsabilità continue. Proprio per questo l’ECM 2025 sta favorendo modalità di formazione più vicine alla realtà di chi cura ogni giorno, come la didattica a distanza. Strumenti semplici e accessibili, tecnologicamente all’avanguardia, proposti da partner accreditati – come ad esempio questo provider ECM – permettono di trasformare anche i momenti liberi in occasioni di crescita, senza rinunciare alla qualità dell’aggiornamento.
Medici, odontoiatri, farmacisti, infermieri e operatori dipendenti devono infatti conseguire un numero specifico di crediti ECM nel triennio e solo provider autorizzati possono erogare questi crediti, garantendo l’aderenza a standard qualitativi.
Anche architetti, ingegneri e geometri hanno tutti dei requisiti formativi specifici da rispettare, pensati per le esigenze tecniche dei rispettivi ambiti.
Mentre nel mondo dell’istruzione, per i concorsi MIUR, sono richiesti 24 CFU in materie antropo-psico-pedagogiche e metodologie didattiche. Molti esperti, tuttavia, ritengono questi requisiti minimi insufficienti per garantire una preparazione adeguata alle sfide educative contemporanee, spesso complesse e in rapido mutamento.
L’Accordo Stato-Regioni 2025: un passo avanti?
Il 17 aprile 2025 ha segnato una svolta per la formazione in sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Un nuovo Accordo Stato-Regioni, pubblicato il 24 maggio 2025, aggiorna e sostituisce i requisiti precedentemente previsti dal D.Lgs. 81/08. Introduce nuove disposizioni destinate a modificare le attività formative per gli anni a venire.
Tra le novità più rilevanti ci sono requisiti più stringenti per i soggetti formatori. Quelli accreditati devono possedere il riconoscimento regionale e almeno tre anni di esperienza documentata nella formazione su salute e sicurezza. Esiste però un’eccezione: per i corsi rivolti a lavoratori, preposti e dirigenti è sufficiente il solo accreditamento regionale, semplificando l’accesso alla formazione di base.
L’Accordo 2025 ha finalmente definito i requisiti per la formazione in “videoconferenza sincrona” e ampliato le indicazioni per la modalità e-learning. Questo colma un vuoto normativo anacronistico, riconoscendo le moderne pratiche didattiche. Ogni corso ora richiede un “progetto formativo” dettagliato che descriva l’intero processo di progettazione. Gli attestati, rilasciati dopo aver frequentato almeno il 90% delle ore e superato una verifica finale, hanno validità su tutto il territorio nazionale.
A supporto di queste attività, il Collegato lavoro, entrato in vigore il 12 gennaio 2025, ha aumentato di 5 milioni di euro il contributo per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative. Questo si aggiunge ai 13 milioni annui già stanziati dal 2018. La misura solleva interrogativi sulla trasparenza nella distribuzione di risorse pubbliche dedicate alla formazione professionale.
Il futuro della formazione oltre il minimo
La rapida evoluzione tecnologica e le dinamiche di mercato sempre più mutevoli rendono insufficiente la sola conformità ai requisiti minimi legali. I professionisti di ogni settore si trovano di fronte alla necessità di sviluppare nuove competenze con continuità e di aggiornare quelle esistenti, superando la logica del mero adempimento normativo. Non si tratta più solo di ottenere un credito, ma di acquisire un vantaggio competitivo tangibile.
L’introduzione di modalità formative più flessibili, come la videoconferenza e l’e-learning, rappresenta un passo in avanti verso un sistema più moderno e accessibile. Tuttavia, la vera sfida consiste nel garantire che la formazione sia un investimento reale nella crescita professionale e non un semplice onere. Servono programmi capaci di anticipare le esigenze future, fornendo ai lavoratori gli strumenti concreti per navigare un mercato in costante trasformazione.
L’esperienza dimostra che un apprendimento continuo e proattivo genera benefici tangibili, sia per l’individuo che per le organizzazioni. Dal settore industriale a quello dei servizi, la richiesta di competenze aggiornate e trasversali è costante. Superare gli attuali standard minimi, abbracciando un approccio dinamico e orientato alle competenze reali, non è più un’opzione, ma una necessità per garantire la competitività e la rilevanza professionale nel lungo periodo.